Crisi al Vertice della 1a Armata - Gruppo Alpini Roncegno

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Crisi al Vertice della 1a Armata

La 1a G.M.


CRISI AL VERTICE DELLA 1a ARMATA    

di Luca Girotto


"17 aprile 1916: per l'avanzata nemica su S. Osvaldo ci siamo dovuti ritirare a Roncegno, sul fiume Larganza.
Su S. Osvaldo si combatte ancora disperatamente.
Il 32° regg. fanteria non ha resistito, ma l'84° ha salvato, in parte, la situazione.
Case Volto, su S. Osvaldo, e Tesobbo sono sempre in nostra mano.
Fintanto che resisteremo su queste posizioni Roncegno sarà nostro. Prevedo guai più seri.
L'83° ha perduto più di metà dei suoi uomini.
Il mio battaglione è rimasto con solo due compagnie complessivamente con 400 uomini soltanto!
".
Questo l'amaro commento del ten. Bongiovanni agli avvenimenti di quegli ultimi due giorni.
E veramente le perdite italiane, se raffrontate all'entità praticamente nulla degli obiettivi conseguiti, erano impressionanti.
Con deprecabile approssimazione esse vennero dapprima ufficialmente quantificate in 1 ufficiale morto, 8 feriti e 20 dispersi; 25 soldati morti, 348 feriti e 338 dispersi, relativamente ai giorni 16 e 17 aprile.
Un calcolo più realistico del comando della 15a divisione permetteva invece, già il 27 aprile, di valutarle in 35 morti accertati, 200 feriti e 705 (!) dispersi (19 ufficiali) ; cui andavano aggiunte altre 170 vittime, tra morti, feriti e dispersi, dei giorni dal 18 al 23.
Neanche per l'esercito asburgico la prova era stata indolore: i battaglioni della 18a divisione di fanteria impegnati nei combattimenti sino al 16 aprile avevano dovuto lamentare complessivamente 279 morti, 1069 feriti e 247 dispersi, questi ultimi quasi tutti negli sfortunati scontri in Val Larganza, presso Teccel, e su Monte di Mezzo.
Ma, a differenza degli italiani, gli austroungarici avevano conseguito in pieno il loro obiettivo primario: scrollarsi di dosso un avversario fattosi sempre più molesto e respingerlo fin dove era necessario farlo, senza per questo svelare i loro prossimi piani offensivi.
La notizia dello scacco subito dalla 15a divisione in Valsugana non tardò ad arrivare alle attente orecchie dei componenti del Comando supremo del regio esercito.
Il 20 aprile, irritatissimo e preoccupato per ciò che la piega presa dagli avvenimenti lasciava intuire circa il modo in cui le sue disposizioni erano state fino ad allora messe in atto, Cadorna faceva pervenire al generale Brusati, comandante la 1a armata, un gelido e secco telegramma nel quale si affermava quanto segue: "La cifra delle perdite delle truppe in Valsugana nei giorni 16 e 17, non volendo supporre una rotta completa, denota che furono impiegate molte forze sulla linea avanzata.
Siccome questo è contrario ai miei espliciti e ripetuti ordini, prego di mandarmi immediate spiegazioni indicandomi precisa entità reparti che furono impegnati e chi ne è responsabile, perchè detta linea non doveva essere occupata che da piccoli distaccamenti pronti a ritirarsi
".
Due giorni dopo, 22 aprile, il Comando supremo prendeva la grave decisione di sottrarre la 15a div. al V° corpo d'armata costituendola in unità autonoma come "settore Brenta-Cismon" al comando del generale Donato Etna.
Il 18 maggio, con l'aggiunta della 1Oa divisione, nascerà da essa il XVIII° corpo d'armata.
Il 23 aprile, sostituendosi ancora al comando della 1a armata, lo stesso Comando supremo "silurava" il gen. Amari, allontanando lo dal comando della 15a divisione e rimpiazzandolo con il generale Ettore Negri di Lamporo.
Intuendo la tempesta che andava addensandosi sul suo capo, il generale Brusati
(Il Brusati sapeva di poter contare su influenti appoggi nelle alte sfere: suo fratello, generale anch'egli, era infatti aiutante in campo di Vittorio Emmanuele III), il 30 aprile, nel trasmettere a Cadorna il rapporto del V° corpo d'armata sul fatto d'armi, notava che le direttive impartite da lui (Brusati) al generale Zoppi collimavano con le intenzioni del Comando supremo; egli ammetteva bensì che lo Zoppi aveva dato una "interpretazione troppo larga al concetto delle parziali offensive ordinategli(...) " e che Amari aveva commesso errori tattici nell'impiego delle truppe, ma sottolineava che, ad ogni modo, lo scacco non comprometteva in nulla la dell'armata. Sfortunatamente per il Brusati, proprio il 29 e il 30 aprile Cadorna
volle effettuare un'ispezione sulla fronte minacciata, a seguito della quale inflisse una durissima reprimenda al subordinato per le posizioni e le strategie difensive irrazionalmente prescelte.
All'impressionante serie di censure, chiaro preludio a ben più drastici provvedimenti, il gen. Brusati tentava di ribattere il 2 maggio con un arzigogolato scritto nel quale cercava di dimostrare che la tentata conquista delle alture ad occidente di Borgo era già stata resa nota, anzi approvata, dallo stesso Comando supremo nei mesi precedenti.
Tutto verissimo, "(...) ma mai per conquistare una linea avanzata di difesa (...) " era stata la gelida ed immediata replica di Cadorna.
L'8 maggio il Brusati veniva infine esonerato dal comando e sostituito, al vertice della 1a Armata, dal generale Guglielmo Pecori-Giraldi.





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25/02/2023
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