La Compagnia della Morte - Gruppo Alpini Roncegno

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La Compagnia della Morte

La 1a G.M.


LA COMPAGNIA DELLA MORTE   

di Luca Girotto


Compagnia della Morte" a Pradellano ai primi del 1916

Nell'autunno del 1915, dopo essere stato per qualche tempo aiutante di campo del generale Graziani, l'allora ten. Cristoforo Baseggio era riuscito a persuadere il comando della l a armata ad istituire ed affidargli un reparto di volontari destinato a scrivere con il proprio sangue pagine memorabili della guerra di Valsugana.
Così si esprimeva in proposito l'ufficiale nel 1929: (...)L'idea che mi era tante volte balenata di formare una Compagnia Autonoma di Arditi, capace di eseguire azioni tattiche di una certa importanza e dotata di autonomia e di larghi mezzi materiali, fu da me esposta al generale Farisoglio e al capitano di s. m. Spiller e fu defìnitivamente approvata nel settembre 1915. Il 16 ottobre 1915 veniva ufficialmente costituita la "la Compagnia Volontari Esploratori "della 15a div. , che avrebbe dovuto" (...) eseguire operazioni ardite, compiti di avanguardia, esplorazioni, ricognizioni, prese di posizioni, sorprese, ecc. ".
L'organico, composto esclusivamente da volontari, proveniva dai reggimenti di fanteria, dai battaglioni alpini e da quelli della Regia Guardia di Finanza dipendenti dalla 15a divisione. La forza reale della compagnia, a causa di licenze, cambi di destinazione, malattie, rientro ai reparti di provenienza, non fu comunque mai superiore ai 200 uomini.
In base all'arma o alla specialità di provenienza erano stati organizzati sei plotoni: uno di alpini, uno di bersaglieri, due di fanti, uno di finanzieri ed uno misto, comprendente carabinieri, cavalleggeri appiedati, artiglieri, geni eri e persino veterinari. Proprio per la sua composizione, tutta di volontari, il reparto presentava uno spettacolo caratteristico e pittoresco:
era in sostanza un'accolta svariata di militari di tutte le età e d'ogni classe sociale, dall'ex carcerato al nobile, dal figlio d'avvocato all'umile contadino; a peggiorare l'aspetto eterogeneo, i singoli militari avevano mantenuto la divisa del corpo di provenienza.
Per molti anni dopo la fine del conflitto rimase vivo presso le popolazioni dei paesi della Valsugana orientale, da Borgo a Spera, da Telve a Scurelle ed a Ospedaletto, il ricordo di quest'insolita accozzaglia di truppe, animata da saldissimo spirito di reparto, pronta a insidiare le trincee e i reticolati nemici come a saccheggiare le cantine e le dispense dei villaggi in cui si acquartierava.
Giuseppe D'Anna, all'epoca ancora a disposizione del generale Farisoglio come guida esperta del settore Valsugana-val Calamento-val Campelle, con pochi tratti di penna ritrasse fedelmente questo manipolo di disperati:
" Il Capitano Baseggio
(in realtà ancora tenente e lo rimarrà fino alla promozione, per merito di guerra, del 21 novembre del 1915) aveva istituito una compagnia che aveva assunto il nome pomposo "della morte" costituita da elementi presi da ogni corpo. V'erano Alpini, Fanti, Finanza, Artiglieria, Genio e chi più ne ha più ne metta, tutte anime perdute: era la schiuma dei corpi e non ci voleva meno della mano di Baseggio per dominarli! Gente alla quale poco importava la vita, lesta di mano in tutti i sensi.
La compagnia si chiamava anche col nome del suo condottiero Baseggio, nome che dava adito a bisticci di parola: compagnia Saccheggio, compagnia Baseggio.
Certo fu che dove c'era una azione arrischiata colà si mandava la compagnia Baseggio, specialmente in servizi d/esplorazione (...).

La piccola ed agile unità rese notevoli servigi alla 15a divo nelle varie ricognizioni ed incursioni compiute tra il novembre del '15 e l'aprile 1916, cioè nel periodo in cui l'ampia estensione del territorio compreso tra le opposte linee consentiva una certa libertà di movimento e di manovra.
Nel dopoguerra, come molti altri ex combattenti, anche il Baseggio (che nel frattempo aveva raggiunto, 21/08/1917, il grado di maggiore) cedette a tentazioni autocelebrative: approfittando della notorietà e della risonanza offertegli dai media dell'epoca in virtù della sua precoce adesione al movimento fascista, egli tentò per anni di accreditarsi come capostipite e padre fondatore degli"arditi", cioè di quella peculiare specialità di fanteria del regio esercito che tanti meritati allori conquistò, organizzata nei cosiddetti "Reparti d'Assalto", dalla fine del '17 al novembre 1918.
All'uopo l'ufficiale, nel volumetto autocelebrativo dato alle stampe nel 1929 con il roboante titolo "La Compagnia della Morte ", modifica di volta in volta la denominazione della compagnia con lo scorrere della narrazione; ovviamente le modifiche sono tutte funzionali al tentativo di accreditarla quale primo nucleo di arditi o, almeno, quale (sono parole sue) ''prefazione eroica dell'Arditismo italiano ", per cui dalla originaria (ed esplicativa circa natura e compiti del reparto) denominazione di "Compagnia Volontari Esploratori ", si passa dapprima a "Compagnia Autonoma Esploratori Arditi ", poi a "Compagnia Volontari Arditi Baseggio ", per finire con l'onnicomprensivo ma ridicolo "Compagnia Autonoma Esploratori Volontari Arditi Baseggio ".
Il tutto, si badi bene, nel tardo dopoguerra, mentre durante la sua breve e travagliata esistenza bellica essa era stata per tutti la "Compagnia Baseggio ", o "Compagnia Esploratori Volontari" o ancora, per la propaganda, la "Compagnia della Morte ".
All'inizio del conflitto, nel settore montano del fronte italo-austriaco dove la configurazione topografica aveva imposto l'organizzazione difensiva dell'avversario, unità di questo tipo ebbero essenzialmente funzioni di ricognizione e di cauto sondaggio della"terra di nessuno", per svolgere le quali, come era previsto, ricorsero al combattimento contro nuclei esploranti austriaci e contro le piccole guardie davanti alla trincea d'osservazione nemica.
Questi reparti furono soppressi quando la linea italiana venne in contatto, o quasi, con quella austro-ungarica o quando le regie truppe riuscirono, ma accadde raramente, a portarsi su posizioni tatticamente più favorevoli, per cui una vigilante attività esplorativa a largo raggio divenne superflua.
Il l0 marzo diverse pattuglie della "Compagnia della Morte " risalivano verso q. 617, in direzione dello spigolo di monte Broi e sul costone di Valcanaia, rilevando consistenti occupazioni avversarie il cui fuoco infliggeva alcune perdite.
L'11 era la volta di quattro pattuglie del Val Cismon che si scontravano con circa 50 Landesschutzen il giorno 12 infine, altro battaglione inviato dal Baseggio risaliva da Roncegno il costone di S. Osvaldo fino a case Nervo, piegando poi a ovest-sud'ovest verso q. 870 occupata dal nemico; fatto segno a fuoco di fucileria, dopo aver rilevato la presenza di vedette avversarie sul fronteggiante monte Broi, scendeva ad occupare q. 800 (oggi non quotata), di faccia a Valcanaia sulla sinistra di val Borba.
Senza perdite, un altro piccolo nucleo inviato all'imboccatura del vallone di monte Broi rientrava in serata non avendo incontrato truppe ostili. Finalmente, all'alba del 14 marzo, iniziava l'operazione principale, con la quale il comando di divisione intendeva risolvere il problema della malsicura occupazione di Marter.
Secondo consuetudine, l'attacco si doveva sviluppare su tre direttrici: a sinistra, con una intensa azione di pattuglie verso la chiesa di S. Maria, nel cimitero tra Marter e Novaledo; al centro, con la compagnia Baseggio e reparti alpini impegnati nella risalita, da sud e da est, del conoide di Marter verso q. 617; sulla destra infine, con la 65^ comp. del Feltre all'attacco di Valcanaia (q. 1035) mentre da Tesobbo fanti dell'84° ed alpini avrebbero puntato sul Prà del Voto.
A causa della resistenza nemica, della neve e dell'asprezza del terreno, l'avanzata procedette lentamente, dopo un bombardamento a spizzico su monte Broi, Novaledo e Valcanaia.
Del resto, tutti i bersagli erano nei boschi e risultava impossibile dirigere con precisione i tiri.
I cannoni austriaci, dal canto loro, sin dall'alba si impegnavano allo spasimo in un fuoco di controbatteria che ad un certo punto costringeva addirittura gli artiglieri in servizio presso la abbandonare temporaneamente i pezzi per evitare di essere massacrati dalle salve di shrapnels.
Le tre azioni si svolsero però in maniera abbastanza slegata.
Davanti alla chiesa di S. Maria l'attività delle pattuglie si esaurì ben presto, per l'impossibilità di avvicinarsi al recinto del cimitero a causa del fuoco proveniente dalle pendici di monte Broi.
Neppure la 65^ comp., partita da q. 800 per occupare Valcanaia, ebbe molta fortuna: attraversata obliquamente la val Borba, essa si trovò esposta al fuoco di nuclei avversari appostati sulle rocce soprastanti, rimanendo inchiodata sul posto fino a sera.
Verso le 18.00 risultavano invece occupati e rafforzati q. 1121 (sullo sperone boscoso subito ad est di Voto), q. 870 e q. 800 di fronte a Valcanaia.
La 64a comp. alpini era riuscita a raggiungere q. 617; impossibilitata però a proseguire sulle falde di monte Broi per la presenza di fanteria avversaria trincerata fortemente, dovette ripiegare alquanto più ad oriente, su q. 600 (oggi non quotata, poco a nord di q. 548 L G. M. ).
Le perdite risultarono complessivamente modeste: 4 alpini morti, 18 e 1 ufficiale del Feltre feriti, 2 dispersi. A questo punto la situazione delle truppe avanzate, anzichè risolversi in senso positivo per il presidio di Marter, risultava ulteriormente complicata: gli italiani erano ancora più a ridosso degli appostamenti austriaci, toccavano con mano i reticolati, erano bersagliati dalle mitragliatrici e dalle artiglierie avversarie, ma in nessun punto della linea avevano potuto insediarsi su posizioni dominanti, tali da coprire il fianco destro dell'occupazione di fondovalle.
Per sbloccare lo stallo, non potendo neppure concepire l'idea di ripiegare spontaneamente su posizioni arretrate più favorevoli, il generale Amari ripresa delle operazioni per il 18 dello stesso mese.



"Capitano Cristoforo Baseggio"


Il Capitano Cristoforo Baseggio a Pradellano all'inizio del 1916

Nato a Milano nel 1869, figlio di un avvocato triestino, Cristoforo Baseggio aveva scelto dall'adolescenza la carriera militare.
Sottotenente a 21 anni aveva frequentato la Scuola di guerra conseguendo il grado delle truppe alpine.
Uscito dal regio esercito nel 1898, aveva partecipato alle campagne del Sudan e del Transvaal con le truppe britanniche; si era quindi spostato in Marocco ed infine in Libia durante la guerra italo-turca arruolandosi volontario.
Nuovamente uscito dall'esercito, deluso e amareggiato, dall'armistizio era vissuto a Parigi per poi rientrare in Italia, allo scoppio del primo conflitto mondiale, nel 1915.
In breve tempo riuscì a farsi assegnare il comando di un nucleo di 70 volontari alpini denominato "Chieti", divenendo al tempo stesso ufficiale d'ordinanza del gen. Graziani.




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25/02/2023
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