Profughi in Italia - Gruppo Alpini Roncegno

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Profughi in Italia

La 1a G.M. > I Profughi



PROFUGHI IN ITALIA

di Vitaliano Modena



Pochissime famiglie di Roncegno furono profughe in Italia; tanto poche da poter essere individuate.
Anzitutto il podestà Giovanni Froner. Lasciato il pranzo a metà, fuggì con la famiglia per i Boschetti, attraverso i vigneti di S. Brigida e raggiunse Borgo, e infine Roma.
Fu condannato a morte in contumacia dagli austriaci.
Altrettanto fece, nella fase iniziale, il segretario comunale Pietro Degara, allorché venne colpito da una bomba l'angolo di villa Pacher presso cui abitava.
Si presentò al comando italiano e fu trattenuto per un certo tempo a Strigno, perché esperto conoscitore della zona.
Poco dopo la fuga, accompagnato dai soldati, ritornò a Roncegno, dopo che il paese era stato evacuato, per identificare un morto rinvenuto da una pattuglia in casa Pola: si trattava di
Pietro Pola, detto Polon, poi sepolto nel giardino di casa.

Da Strigno il Degara raggiunse poi la Toscana.
Il dottor G. Gionzer ci parla dei suoi familiari che, come sappiamo, furono mandati per tempo
in Italia, su consiglio del senatore A. De Giovanni.
Così la mia famiglia (mamma, nonna e tre figli) fu a Salò, presso parenti, fino a settembre.
Il papà era rimasto in paese come farmacista; in maggio fu arrestato e internato. Da Salò ci spostammo a Padova, dove frequentammo le scuole. Dopo la disfatta di Caporetto, ci trasferimmo a Pinerolo, ospiti della contessa di Santhià, che aveva messo una parte del palazzo a disposizione dei profughi. Là ci raggiunse il papà dopo la liberazione.  
Avevamo il necessario, e per l'aiuto che ci veniva dato e per il sussidio assegnato: una lira ciascuno per i bambini e la mamma, una lira e mezza per la nonna.

Le famiglie Boccher, Pacher e Cìola se ne andarono prima dell'esodo a Mason, paese veneto d'origine delle spose, poi lasciato da qualcuno quando anche il Veneto divenne teatro di guerra.
lo e la mamma rimanemmo sempre a Mason, dove ci raggiunse a un certo punto anche papà, che aveva disertato: erano radicati i suoi sentimenti di simpatia per l'Italia. Anche per motivi di sicurezza, il papà si spostò prima a Tonezza poi ad Alessandria. Di tanto in tanto veniva però a trovarci. A Mason nacquero due miei fratelli.
Anche i familiari di Massimo Dorighelli, il Minati e la piccola Elda Padovan trovarono rifugio in Italia.
Ricorda quest'ultima: Quando su Borgo caddero le bombe dalla Panarotta, qualcuna di esse colpì anche l'istituto presso cui ero ospitata. Con le suore e le mie compagne ci allontanammo e, dopo alcuni brevi soggiorni provvisori, ci ospitarono le "dame" di Mantova. Ci accolsero e ci trattarono con grande amore e carità. Poi il commissario responsabile della sistemazione dei profughi decise di trasferirei in un asilo a Santa Lucia di Verona. La gente del luogo veniva a visitarci e ci voleva tanto bene.  
I profughi in Italia si trovarono dunque bene, poterono contare su un sussidio personale, sulla solidarietà degli ospitanti e sul regolare rifornimento di generi alimentari.
Tuttavia ognuno portò con sé preoccupazioni e ansie per la sorte dei parenti e degli amici, per il futuro della casa e del paese.


Rovine dell'hotel Moro e dependance




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25/02/2023
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