S.TEN.DALLAFIOR dott. GIANFRANCO - MEDAGLIA D'ARGENTO AL VALOR MILITARE - Gruppo Alpini Roncegno

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S.TEN.DALLAFIOR dott. GIANFRANCO - MEDAGLIA D'ARGENTO AL VALOR MILITARE

Il Gruppo > I nostri Caduti e Dispersi




SOTTOTENENTE DALLA FIOR GIANFRANCO


MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR MILITARE


DALLA FIOR Gianfranco, da Roncegno di Trento, classe 1921, sottotenente art. cpl., 120° rgt. art. motorizzato.
In ripetuti ed aspri combattimenti contro soverchianti forze nemiche accerchiati, si distingueva per ardimento ed indomito valore. Successivamente, benché ferito ad un ginocchio, assumeva volontariamente il comando di un reparto di formazione e lo trascinava, col suo eroico esempio, all’assalto decisivo, impegnando all’arma bianca l’avversario. - Fronte del Don – Arbusow (Russia), 20-23 dicembre 1942.  




Una storia sul caduto di Roncegno di Trento, Gianfranco Della Fior



di Salvatore Lucio Cuccia



Mi chiamo Salvatore Lucio Cuccia, sono di Palermo e sono avvocato. Appassionato di storia e collezionista. Voglio raccontarvi una storia, forse la breve e bellissima storia di vita, di Gianfranco Della Fior, nato a Roncegno di Trento il 25.12.21. Un ragazzo per me speciale, che ho imparato a chiamare "amico" e che mi commuove profondamente ogni volta che guardo la sua foto, il suo sguardo, il suo sorriso nella foto del sito dell'UNIRR, come nel vostro sito. La profonda tristezza che si contrappone, quando nel cappello vedo quel fatale numero "8".

Non giudicatemi, ma leggete ciò che sto scrivendo, perché' lo faccio col cuore, spinto da una profonda emozione rivolta a ricordo di uno, mille, 200.000 ragazzi, figli e mariti trasformati prematuramente in uomini, poi in eroi, adesso in ricordo, ma soltanto per alcuni, troppo pochi.
Il 4 Gennaio del 2018 si è spenta a Palermo una cara donna, che nasceva in quegli anni nei pressi di Trento, tra montagne, valli e tanta neve. La chiameremo Rita. Una persona assolutamente unica per la purezza del suo cuore, incredibilmente bella e sensibile, persino nel fiore dei suoi ultimi 95 anni. Era una nonna per me e per chi le voleva veramente bene su questa terra, per il suo cuore e non per le sue ricchezze.
Rita un anno fa mi raccontò una storia risalente ai suoi vent'anni, a quella giovinezza che a me sembrava così lontana, ma per lei così vicina nel ricordarla, colma di emozione, con gli occhi lucidi e quelle scarne manine così tremuli.
Era una ragazza ribelle sin da giovane, lei. Figuriamoci, osava andare in bicicletta ed indossare i pantaloncini corti, ma di nascosto a suo padre, vecchio ufficiale austro-ungarico dal cuore d'oro mascherato di ferro.
Rita aveva amici ed amiche, tanti dalle fotografie che ci ha lasciato, di quei monti e di quei ricordi. Tutti belli, tutti sorridenti, tutti alti e spensierati. Sembravano invincibili. Olimpici, direi.
Tra Rita e un suo "compaesano" (perdonate il termine che utilizzo, ove sia inadatto") era nato un amore. Una simpatia, un'empatia, un legame forte e sincero, ma pulito, disinteressato, maturo e forte. Un legame che, seppur nato tra due ventenni, sembrava destinato a fiorire in una storia d'amore millenaria. Un amore probabilmente sotteso, labile e appena sfiorato, fatto di sguardi e di sorrisi, di carezze, nel timore costante e al contempo bellissimo di vivere quest'emozione così bella.
Quando Rita mi iniziò a raccontare di Gianfranco Della Fior le brillavano gli occhi dalle lacrime. Le mani le tremavano dall'emozione eppure la voce era ferma, calma, quasi persa nel ricordo, lo sguardo oltre le pareti, oltre i confini del tempo, giù giù indietro di 90 anni, lontano...
Il 25.12.41 Gianfranco Della Fior compì i suoi vent'anni. Arrivò puntuale la cartolina. Doveva partire per il fronte anche lui.
Sotto Tenente Gianfranco Della Fior, 120 rgt. art. motorizzato, VIII Armata, ARMIR.
Fronte russo. Don.
E' partito con gli alpini lui, sicuramente era una tradotta carica zeppa di penne nere e berretti grigio verde, tutti speranzosi ed inconsapevoli, tutti forti e potenti fino a Karkov e fino al Don, tutti ventenni.
Il giorno della sua partenza Gianfranco raggiunse Rita a casa sua, per salutarla. Era già in uniforme, col cappello in testa come nella foto. Prima di scendere le scale che dal piano di sopra, dove si trovava Rita, conducevano verso l'uscio di casa, Gianfranco si volse un'ultima volta verso Rita e le disse "aspettami, tornerò da te". E così dicendo le mise qualcosa nella mano. Poi corse via, verso l'impegno. Verso l'onore.
Rita si trovò in mano una piccola chiave di ottone, senza targhetta, incisioni o elementi in particolare. La conservò.
Di Gianfranco non si seppe davvero più nulla. Nessuna lettera, nessuna notizia, niente. Rita superò ma non lo dimenticò mai, per tutta la vita.
Una pausa adesso si rende necessaria.
Ascoltando dalle labbra di Rita la storia che sto raccontando e tenendo tra le mani la foto-cartolina di Gianfranco, ho provato una profondissima emozione per questo ragazzo, che non riuscirò mai ad esprimere per iscritto, poiché' non ne ho l’abilità purtroppo, ma che mi ha portato a considerarlo un mio "amico". Una persona che avrei voluto conoscere, con cui probabilmente avrei voluto condividere il fronte, una persona che sicuramente avrei tanto desiderato salvare.
Cercando su internet informazioni su Gianfranco, desumendo un po' da qui ed un po' da lì notizie frammentate, ho verosimilmente ricostruito la sua vicenda, che culminerà nella parte finale della storia che sto raccontando.
E' pacifico che il reparto di Gianfranco combatte' sul Don, peraltro distinguendosi per valore, tanto da sacrificarsi sui pezzi per coprire la ritirata dei bersaglieri di prima linea sul fiume.
Poi la sacca. La marcia. La neve. Ciò che sappiamo.
Dal Nastro azzurro ho rinvenuto il decreto di conferimento della medaglia d'argento al valor militare per Gianfranco, che vi allego (e gradirei che la menzionaste nella foto).
Tra il 21 ed il 23 Dicembre del '42 si trovò nella "valle della morte", Arbusowska. Il decreto riferisce che lui, quale sottotenente, radunò alcuni soldati senza più comandante in campo e li guidò al contrattacco alla baionetta, nonostante fosse ferito al ginocchio. In effetti, in quella battaglia molti soldati italiani, di propria iniziativa, attaccarono all'arma bianca i reparti sovietici che pressavano le truppe assediate per circondarle, distinguendosi a tal punto da guadagnarsi uno dei tanti elogi del Comando tedesco.
Rifletto su un ragazzo di appena vent'anni capace di fare simili imprese. Un ragazzo che il 25 Dicembre '42 compiva 21 anni. Ventenni divenuti uomini e poi ricordi.
Dal decreto di conferimento risulta che era ferito. Da Wikipedia risulta che la nostra colonna in ritirata, la mattina del 22 Dicembre, fu costretta ad abbandonare sul campo, preda dei sovietici, molti soldati feriti, perché' impossibilitati a fornire assistenza. Del resto, dopo Iwonka le capacità della sussistenza si erano ridotte sino all'osso, e le slitte non bastavano mai...
Presumo quindi che Gianfranco Della Fior venne catturato sul campo dai sovietici il 22 Dicembre 1942. Lo immagino abbandonato e solo, vicino ai suoi compagni, stretto dall'unico coraggio che rimane ai prigionieri: la fede e la vicinanza dei compagni.
Dal sito dell'UNIRR rinvengo la data di morte, 15 Febbraio 1943 a Oranki, uno dei campi di prigionia per i soldati italiani. Dal libro di Giulio Bedeschi, "La mia erba è sul Don", leggo che il primo semestre del 1943 fu terribile a causa di epidemie di tifo e dissenteria che flagerrarono i prigionieri, mal vestiti, digiuni, nella totale e consapevole indifferenza del nemico. Del resto, eravamo gli invasori, non mi sarei aspettato diversamente.
Ricordiamo due elementi che saranno decisivi per la fine del mio racconto: "dissenteria" e "1959", ovverosia la data della gazzetta ufficiale relativa al conferimento dell'onorificenza.
Torniamo a Rita.
Nel primo dopoguerra, era il 1950, Rita si era trasferita a Palermo, ove viveva e lavorava come biologa in un centro di analisi cliniche della città. Un giorno, mentre Ella si trovava al lavoro, probabilmente per quell'accento trentino mai celato, colpì l'attenzione di un cliente, un uomo, un distinto signore che si trovava in attesa di fare le analisi. Non ne conosco il nome, Rita non me lo disse.
Quest'uomo, sentendola chiamare per nome e parlare, le chiese se provenisse dal Nord Italia. Perché' anche lui era nato lì. Rita gli rispose che, sì, proveniva dal Nord Italia, precisamente dalla sua località di nascita, e si presento per nome e cognome.
A quel punto l'uomo trasalì. Letteralmente.
Le disse: "Signora, le dispiace se prendiamo un caffè? Devo parlarle, la prego". Rita dubitava.
L'uomo le chiese:" Lei conosce un ragazzo che si chiama Gianfranco? Gianfranco Della Fior?". Rita accettò.
L'uomo le raccontò che si era trovato anche lui in prigionia con Gianfranco, in Russia. Gianfranco si era ammalato di dissenteria ed, alla fine, smagrito e pressoché' ignudo, morì nella neve vicino alla baracca dove "alloggiavano". Morì tra le sue braccia, e l'ultima parola che pronunziò fu "Rita...".
Io ho pianto tantissimo quando sentii raccontare questa storia, e piango ancora adesso, non me ne vergogno. Dovrei vergognarmi ove provassi disinteresse dinanzi a tale poesia, che sto raccontando, che vorrei fosse ricordata.
Chissà, mi chiedo, quest'uomo forse fu colui che, tornando in Italia, raccontò l'impresa del Sottotenente Della Fior che determinò il conferimento della medaglia... Questo io non lo so, ma lo immagino.
Rita trasalì, ovviamente. Oltre dieci anni di silenzio, dubbi, angosce le caddero tutti insieme sulla testa e nel cuore. Gianfranco era morto prigioniero in Russia dieci anni or sono. Ieri non avevo notizie e adesso so questa cosa terribile. Ecco perché'. Ma perché'?
Rita si ricordò della chiave. La conservava ancora.
Per questo si mise alla ricerca della madre di Gianfranco, che riuscì a contattare e che raggiunse. Le raccontò. Le mostrò la chiave.
La madre la condusse nella stanza che conteneva ancora "le cose" del figlio. Tra queste, una scrivania con cassettoni. Uno di questi era chiuso a chiave. La stessa chiave che Rita teneva tra le mani. Proprio quella chiave che Gianfranco diede nelle sue mani promettendole "tornerò da te, aspettami".
La chiave era proprio quella. Aprì il cassetto, che conteneva un diario, scritto da Gianfranco nel corso del tempo, nel quale Egli confessava l'amore profondo per Rita.
Rita sposò un altro uomo, ma non dimenticò mai Gianfranco. Conservò fino alla sua morte una sua foto-cartolina, consegnatale dalla mamma di Gianfranco dopo il loro incontro. Mi permisi di inserire questa foto dentro la cassa funebre, all'altezza del suo viso, perché' erano in fondo sempre vissuti insieme e desideravo che raggiungessero insieme il loro Cielo. Vi allego le foto che ho fatto alla cartolina, per non dimenticare.

La storia finisce qui. Ma vorrei che non finisse mai. Per questo la consegno a Voi, solenni memori di ciò che fu e che ormai nessuno ricorda più.

"Ghe arriverem a baita?"
Gianfranco non ci è arrivato. E' morto prigioniero in Russia, derubato persino del fazzoletto, digiuno, congelato, superstite alla ritirata e alle "marce davaj", in ultimo sfinito dalla dissenteria. Ironico pensare che, solo quattro mesi dopo, Stalin ordinò "mai più morti italiani", e cominciò a curare e nutrire i superstiti. Chissà, se avesse resistito questi mesi in più, oggi sarebbe un ricordo diverso.
Gianfranco è spirato tra le braccia di un amico esalando come ultimo respiro il nome della donna che amava. Aveva ventun'anni da poco compiuti, e si ritrovò a vivere un inferno, a guadagnarsi col suo cuore una medaglia al valore militare e a non tornare più.
Mi sono immaginato se lui fosse riuscito ad arrivare a Karkhov e a salire su quegli ultimi treni per l'Italia, che ad ogni fermata si svuotavano sempre più a causa di coloro che "cedevano" durante il ritorno a casa. Se ce l'avesse fatta, ma che abbraccio avrebbe dato a Rita?
Vorrei ricordarlo così. Vorrei che tutti voi lo ricordaste così. Per il ragazzo che era, che io non ho avuto il privilegio di conoscere, ma cui voglio bene nel profondo del mio cuore.
Nella mia vita vorrei potere, un giorno, visitare il luogo nel quale è sepolto, per portargli un fiore e la sua foto. Da parte mia, e di Rita.

Ringrazio tutti quei ragazzi che non hanno potuto vivere la loro vita affinché' io, oggi, potessi vivere la mia. Vi prego di ricordare, come me, anche Gianfranco Della Fior, cl. '21, fronte russo.

Grazie di vero cuore.

Salvatore Lucio Cuccia

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25/02/2023
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