Una rete di relazioni tra i profughi - Gruppo Alpini Roncegno

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Una rete di relazioni tra i profughi

La 1a G.M.



UNA RETE DI RELAZIONI TRA I PROFUGHI

di Vitaliano Modena



Se è vero che i sacerdoti si presero cura di allacciare il filo dei rapporti tra i profughi in diaspora, questi ultimi fecero la loro parte attiva nello stabilire relazioni con i parenti, gli amici, i compaesani profughi o militari.
Visite, ricerche di indirizzi e di informazioni, cartoline postali e viaggi s'intrecciarono e crearono all'interno delle varie regioni dell'impero, dei campi di guerra e di prigionia una rete di comunicazioni che alimentarono la speranza e il conforto, che consentirono il soccorso e la solidarietà.
Eccone qualche esempio.
Per mezzo di una cartolina spedita da Zehrovice il 9 luglio (l'anno risulta illeggibile), comunicò una roncegnese: "La malavoglia di questo esilio mi rende trascurata nello scrivere.
Qua si aspetta sempre quel benedetto giorno di poter ritornare nei nostri paesi; ma chissà quando verrà.
Avete voi qualche speranza? Noi qua l'è un pezzo che non sappiamo niente".
Da Strasice, G. F., il 15 aprile 1917,scrisse al suo parroco don Clamer: "lo la ringrazio della sua visita, mi è dispiaciuto non poter rimanere un po' in sua compagnia, che tanto desideravo.
La ringrazio ancora della sua cartolina per il mio onomastico, nella quale mi desidera ogni bene e vita lunga.
La vita sarebbe anche abbastanza lunga; spero solo di poter andare al Marter a morire, che non abbiamo a lasciar qua le ossa in Boemia".



Il papà, soldato sul fronte della Val Rendena, venne a trovarci in Boemia e la sua presenza ci fu di grande aiuto. La nonna, spesso, si recava alla stazione per vedere se, tra i viaggiatori, ci fosse qualche soldato che potesse fornire notizie di mio padre che era in Galizia e dello zio prigioniero in Russia. In casa di qualche conoscente boemo ritornavano ogni tanto, in licenza, militari di stanza nel Trentino, e magari anche in Valsugana. Raccontavano com'era la situazione nei luoghi occupati; fra l'altro esaltavano la generosità del nostro vino che contribuiva a rendere più allegre le loro giornate. Andai un giorno a Vocklabruck a trovare i miei due fratelli e un cugino nelle caserme di quella cittadina austriaca. Uno di essi era stato trasferito all'ospedale militare di Linz. Andai anche da lui. Appresi quanto fosse trattato male: allora richiesi che venisse con noi in Boemia, e mi fu concesso. Feci diversi viaggi: a Linz, a trovare i miei fratelli sotto le armi; in Moravia, dov'erano profughi i miei zii; un po' qua e un po' là a visitare conoscenti. Il papà, con noi perché in licenza, mi accompagnò a visitare la città di Praga e il suo museo (che ebbi occasione di rivedere durante la seconda guerra). Del museo mi rimasero impressi soprattutto gli scheletri di animali di ogni specie, perfino quello di una balena che era appeso al soffitto, e le raffigurazioni delle conquiste storiche dell'uomo. La mamma decise di mandarmi a trovare la zia che abitava in un paesetto lontano: avevamo bisogno di procurarci qualcosa da mangiare. Presi il treno e viaggiai da sola, con tanta trepidazione, stando attenta a tutte le stazioni per sapere quando dovevo scendere. Senza inconvenienti giunsi dalla zia che mi ospitò alcuni giorni. Nel ritorno portavo uno zainetto di patate e una pagnotta. Data però un'interruzione sulla linea ferroviaria, il treno fu dirottato a Praga. Trascorsi la notte alla stazione senza chiudere occhio, per il timore che mi portassero via le patate.



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25/02/2023
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